martedì 14 aprile 2015

Braindead (1992, Peter Jackson)


Prendete un frullatore capiente e lanciateci dentro, nell'ordine che più preferite, un neonato zombi, un prete versato nel kung fu (con la miglior battuta mai pronunciata da un ecclesiastico), Psycho, degli organi interni particolarmente vanitosi, un mazzo di tarocchi, dei greaser, uno zio rozzo e avido, una ragazza spagnola, svariati litri di sangue, del pudding, un tosaerba, un bruttissimo ratto-scimmia di Sumatra, un po' di superstizioni assortite, un amuleto, membra insanguinate a piacere, humour nero finché ce ne sta, un po' di teste mozzate, una carrozzina ed un pastore tedesco. Vi avanza ancora del sangue? Buttatecelo dentro e che crepi l'avarizia. Azionate il frullatore, ovviamente senza chiudere il coperchio, e lasciate che spruzzi selvaggiamente per tutta la cucina mentre lanciate la vostra maturità fuori dalla finestra.
Braindead (uscito negli Stati Uniti con il titolo di Dead Alive ed in Italia come Splatters - Gli schizzacervelli) è, nelle sue assurdità e nella sua totale mancanza di buon gusto, una geniale commedia nera splatstick. Molti film splatter si imperniano su poche scene veramente sanguinolente, attorno alle quali resta un contorno abbastanza insipido. In Braindead al contrario per lo spettatore non c'è un attimo di respiro: ogni scena è a modo suo memorabile, un'aria grottesca ammanta il film fin dalla scena prima dei titoli di testa. Lionel, il protagonista, un riuscito incrocio tra Norman Bates e Ash Williams, è un ragazzo imbranato e succube della madre-padrona, che non sopporta di vederselo portare via dalla romantica e testarda commessa Pachita Maria. L'inizio delle sanguinose danze sarà dato da un incidente allo zoo con conseguenze imprevedibili. Da quel momento in poi il film precipita senza freni negli abissi più neri del gore, ma sempre pronto a scoppiare in una risata sguaiata. Non si trema di paura guardando questo film, e del resto non è sicuramente questo il suo obbiettivo: l'esagerazione con cui il sangue e gli smembramenti sono somministrati lo fa assomigliare più ad un curioso miscuglio di Looney Tunes, splatter e quella propensione alla stramberia che, almeno a chi scrive, viene del tutto naturale associare a Peter Jackson, che anche agli esordi e con un budget molto più ridotto rispetto a quelli con cui lavorerà in seguito, coadiuvato dai soliti Fran Walsh e Richard Taylor, confeziona un film registicamente solido, ben montato e con degli effetti speciali ottimi. I suoi soliti movimenti di macchina spericolati sono sempre giustificati dalla narrazione, non sono mai gratuiti, riuscendo così a non risultare mai pesanti. I personaggi, pur essendo fortemente stereotipati, non sono per questo poco interessanti o poco memorabili e questo vale per tutti: alla fine della visione non ci si può dimenticare del prete, dell'infermiera, del terribile infante zombi, dell'inquietante medico tedesco, della nonna spagnola veggente di nero vestita, delle amiche di Pachita uscite fuori direttamente da una fotografia anni cinquanta, dello spasimante ossessionato dai propri risultati sportivi. La sceneggiatura è piena di battute fulminanti che verrebbe voglia di imparare a memoria. Se sapete apprezzare certo umorismo nero e grottesco, deliziosamente adolescenziale, se volete, nella sua ingenuità, vi troverete più volte a ridere a pieni polmoni, rigorosamente lontano dai pasti.

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