martedì 8 marzo 2016

Zootropolis (Zootopia, Byron Howard, Rich Moore, Jared Bush, 2016)


Una sceneggiatura può presentarsi, a volte, come un foglio, una tela, una parete intonsa: un candido riquadro dove inserire l'opera in sé, un cerchio tracciato nel terreno per dare forma allo spazio scenico. Non è per nulla inusuale che questo succeda nei film d'animazione, anzi, piuttosto il contrario; tuttavia Zootropolis, l'ultimo film prodotto dai Walt Disney Animation Studios, è in grado di farlo con singolare abilità. La trama è quella del più classico dei gialli, e la coppia di opposti chiamata a risolvere il mistero, perciò costretta a collaborare, è altrettanto tipica: l'originalità e la ricchezza della storia vengono dalla profondità dei dettagli, che grazie alla cura con cui sono tratteggiati hanno modo di esprimere meglio di qualunque dialogo la morale di fondo.


Zootropolis è, come fa ben presagire il nome, una grande città in cui mammiferi di ogni tipo convivono pacificamente, tra i palazzi della quale sembra che chiunque possa diventare ciò che desidera: è per arrivare là che Judy Hopps, coniglietta intraprendente e coraggiosa, si impegnerà a fondo, inseguendo il desiderio di diventare agente di polizia, la prima della sua specie, andando contro le aspettative dei genitori e della società, che la vorrebbero più tradizionalmente timorosa coltivatrice diretta. La sequenza dell'arrivo della protagonista nella grande città in treno è spettacolare, piena di movimenti di camera elaborati e punti di vista arditi, e mostra appieno la quasi ineguagliabile abilità tecnica che da sempre contraddistingue gli studi di animazione più famosi di Hollywood. Non è difficile immaginare la mole di concept art e storyboards passati tra le mani dei creativi coinvolti, ed è chiaro, dal risultato finale, quante giornate di lavoro siano state spese per definire fin nel più minimo dettaglio gli ambienti, l'aspetto dei personaggi e gli adattamenti approntati per rendere un luogo adatto sia a giraffe che toporagni. 

I due protagonisti, Judy e la volpe Nick, hanno risposto in modo diverso alle circostanze: l'una lottando per infrangere il pregiudizio che la voleva tenera coniglietta, l'altro conformandosi all'opinione comune che lo giudicava scaltro, astuto e inevitabilmente inaffidabile. Anche nella grande metropoli non è poi così facile vedere realizzate le proprie aspirazioni: bisogna comunque scontrarsi con la realtà ed i suoi coriacei pregiudizi, e non sempre si ha il coraggio di perseguire testardamente per la propria strada. Il rapporto tra i due è brillante e divertente, il cinismo dell'uno si scontra con la forza d'animo dell'altra dando il via a dialoghi sinceramente spassosi, permettendo inoltre di esplorare i caratteri con accuratezza. 


I personaggi secondari, nonostante la loro posizione periferica all'interno della narrazione, sono più che mai importanti: sono loro, infatti, ad evidenziare ulteriormente come la divisione tra predatori e prede, che ancora aleggia nell'opinione comune, sia ormai del tutto desueta. Un leopardo può essere un timido ed imbranato receptionist, mentre un bufalo cafro un imponente capo di polizia. La spaccatura, al massimo, è tra animali di grandi e piccole dimensioni (in alcuni casi, credo, adattate a seconda delle necessità narrative). L'adattamento italiano si avvale delle voci alcuni personaggi dello spettacolo, tra i quali figurano Paolo Ruffini e Frank Matano; quest'ultimo fatto ha generato una buona dose di polemiche, ma bisogna dire, tuttavia, che la scelta risulta azzeccata e fornisce ulteriore colore (anche dialettale) alla varietà di specie e individui che popolano la città immaginaria, ben lungi, quindi, dall'essere una semplice mossa di marketing. La traduzione completa dei titoli e delle scritte dall'inglese è usuale nei prodotti Disney e sempre molto apprezzata, almeno da parte mia: mostra la grande attenzione che viene riposta nel fornire un ottimo prodotto anche sui mercati internazionali. Gli appropriati riferimenti ad altre opere cinematografiche e televisive (Breaking Bad e soprattutto Il padrino) quasi rivaleggiano con quelli incentrati su 2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey, Stanley Kubrick, 1968) che punteggiavano WALL•E (Andrew Stanton, 2008), e certamente saranno molto apprezzati dagli spettatori adulti. 


Una particolarità per la quale personalmente apprezzo molte delle recenti opere Disney e Pixar è la non banalità della necessaria morale di fondo: spesso molti prodotti del cinema d'animazione si limitano a ribadire alcune semplici verità senza approfondirle, il che non è in nessun modo sbagliato, ma certamente non permette di catturare tramite i contenuti (e non solo attraverso la maestria tecnica) l'interesse di chiunque abbia superato i dieci anni. Qui sotto la lente d'ingrandimento c'è il modo in cui percepiamo noi stessi ed in cui veniamo percepiti dalla società, le aspettative che si formano e la difficoltà dello scrollarsele di dosso, il tutto condito da gag e situazioni esilaranti che addolciscono la pillola, rendendo un tema che potrebbe diventare piuttosto complesso comprensibile a tutti. Il design e la cura maniacale delle animazioni completano l'opera splendidamente.

Nessun commento:

Posta un commento