domenica 6 dicembre 2015

Beginners (Mike Mills, 2010)


Cosa fareste se vostro padre, rimasto vedovo dopo 44 anni di matrimonio, vi dicesse di essere gay e decidesse di vivere gli ultimi anni della sua vita seguendo finalmente la sua vera natura? Da questa vicenda, realmente accaduta, Mike Mills ne tira fuori un film, Beginners. La storia gira intorno ad Oliver (Ewan McGregor), un introverso graphic designer trentottenne, che passa attraverso l'esperienza di una nuova storia d'amore ripensando allo spiacevole ricordo del rapporto tra i suoi genitori e quello, del tutto diverso, degli ultimi, iperattivi mesi di vita del padre, determinato a non lasciarsi schiacciare dal cancro continuando a vivere al massimo delle sue possibilità e restando fedele a se stesso.





Il film salta avanti e indietro nel tempo con agilità, è costruito un po' come una specie di sketchbook personale, un insieme di momenti, ricordi, voice over, slideshow (che di solito nei film mi risultano abbastanza indigeribili ma che qui invece sono interessanti e pieni d'inventiva, del resto il regista ha effettivamente un passato da designer), ellissi, episodi, sequenze giocate sulla ripetizione visiva e sonora, disegni, sottotitoli (il Jack Russel di Hal si esprime così). Forse anche a causa dello sfondo autobiografico della vicenda rappresentata la macchina da presa non si sbizzarisce mai in movimenti pretenziosi, è spartana ma non sciatta, spesso è a mano, non abbastanza, però, da diventare una dichiarazione d'intenti come in altre opere. Nell'insieme si può dire che le inquadrature sembrano studiate per apparire il più possibile spontanee.


I temi trattati sono tutt'altro che semplici ma il film non perde mai una certa leggerezza che, lungi dal trasformarsi in banalità, riesce a conservare qualcosa che nella macchina del cinema spesso va perduto: un senso di realismo vero, non artefatto. La scena del primo bacio tra Oliver e la girovaga attrice francese Anna (Mélanie Laurent) è in questo senso esemplare: di baci al cinema se ne vedono tantissimi, eppure pochi, secondo me, risultano sinceri e non piuttosto un po' teatrali. Seduti sul letto della camera di Anna, i due parlano (poco, perché lei ha la laringite), scherzano, lei gioca col viso di lui, gli scompiglia i capelli e poi, infine, le labbra si toccano. Al bacio, come nel mondo reale, non si arriva grazie ad uno sguardo languido in primo piano, ad un silenzio improvviso, ad un cambiamento nella musica: prima di esso c'è tutta una serie di giochi e di scherzi (memorabile la scena della festa in maschera durante la quale i due si conoscono), un lento e tenero avvicinamento che ci fa sorridere non tanto per la bellezza della messa in scena, ma perché ne percepiamo la sincerità narrativa. Questa onestà permea tutto il film: il padre incarnato da Christopher Plummer non è mai sopra le righe, troppo incredibile, troppo esagerato per essere una persona vera. Hal è un personaggio umano e appassionato che alla fine del film ci sentiamo in grado di comprendere.  


Oliver, Anna e Hal sono tutti messi di fronte alla difficoltà di fare il primo passo in una direzione nuova: ognuno reagisce a modo suo, con le sue ferite emotive ed i suoi desideri. Le interazioni tra i personaggi sono tutte molto naturali, la recitazione è di ottimo livello, supportata da una sceneggiatura scritta dallo stesso Mills che, pur nella sua struttura un po' slabbrata, non perde di vista quello che conta, il fulcro narrativo. Il risultato è un film che affronta con passo lieve argomenti pesanti, visivamente interessante e pieno d'inventiva nel guardare all'amore - un sentimento tanto spesso tirato in ballo quanto raramente poi davvero approfondito - e alle paure che genera con intelligenza e capacità.



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