martedì 19 aprile 2016

La stregoneria attraverso i secoli (Häxan, Benjamin Christensen, 1922)


Il 1922 è un anno importante nella storia del cinema: arrivano sul telo da proiezione Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, Friedrich Wilhelm Murnau, 1922), una delle prime pietre miliari del genere horror, e Nanook l'eschimese (Nanook of the North: A Story of Life and Love in the Actual Arctic, Robert J. Flaherty, 1922), l'apripista del lungometraggio documentario. A metà strada tra i due possiamo, se ci va, collocare La stregoneria attraverso i secoli, all'epoca la pellicola più costosa mai prodotta in Svezia, risultato di due anni di ricerche del regista Benjamin Christensen che, dopo aver trovato in una libreria tedesca una copia del Malleus Maleficarum, una guida per inquisitori del quindicesimo secolo, decise di dedicarsi alla realizzazione di un'opera incentrata sulle superstizioni (e conseguenti persecuzioni) dei secoli passati, in particolare del tardo Medioevo.


La narrazione è scandita in sette capitoli piuttosto variegati: l'inizio è decisamente didattico, il regista utilizza infatti stampe e modellini per mostrare agli spettatori le differenti concezioni del cosmo e dei demoni adottate da vari popoli antichi, ricordando spesso, per intenti e concezione, uno spettacolo di lanterna magica, con tanto di bacchetta di legno per evidenziare gli elementi di maggior interesse in una particolare immagine. 


Si passa poi, però, al cuore della pellicola, ovvero una serie di ricostruzioni con attori che si addentrano nell'antro di una strega prima e in un processo dell'Inquisizione poi, documentandone metodi e strumenti di tortura. Le confessioni estorte dai religiosi e le sequenze oniriche diventano l'occasione per mettere effettivamente in scena le (supposte) attività e tradizioni occulte, tra le quali fa bella mostra di sé un sabba in piena regola, spingendosi, infine, all'interno delle mura di un monastero femminile preda di un fenomeno di follia collettiva causato, secondo l'opinione delle monache, dal Diavolo in persona, interpretato, tra l'altro, dallo stesso Christensen per tutta la durata del lungometraggio. Il cineasta svedese decise inoltre, in maniera inusuale soprattutto agli albori del cinema, di girare solamente di notte o in studio, perché riteneva che fosse fondamentale mantenere sul set un'atmosfera cupa. I primi piani della vecchia strega torturata paiono possibili predecessori di quelli, certo più intensi e sofferti, della Giovanna d'Arco interpretata da Renée Falconetti in La passione di Giovanna d'Arco (La passion de Jeanne d'Arc, Carl Theodor Dreyer, 1928). 


La chiusa de La stregoneria attraverso i secoli è affidata ad un segmento dal sapore positivista che ricollega la credenza e la persecuzione della magia nel passato ai disturbi nervosi raggruppandoli sotto la definizione di “isteria” che riscuoteva all'epoca molto successo grazie all'ampia documentazione fornita dalla psicanalisi, indubbiamente dotata di accenti misogini purtroppo allora piuttosto usuali.


Com'è facile immaginarsi, all'epoca della sua prima uscita nelle sale il lungometraggio fu censurato o pesantemente tagliato in quasi tutte le nazioni in cui arrivò: a destare scandalo furono le scene di orrore, blasfemia e nudo, ma al suo interno non c'è nulla, almeno per quanto riguarda le immagini, che possa davvero suscitare raccapriccio e disgusto nello spettatore odierno adulto e vaccinato. Quello che colpisce a quasi un secolo di distanza è la non separazione di reale e immaginario: Christensen non indica mai chiaramente la divisione tra i due piani, che formano quindi un inscindibile intruglio, una mescola dalla quale è impossibile estrarre nuovamente gli ingredienti originari. L'accurata verifica dei fatti e la loro esposizione chiara e scientifica è una preoccupazione che i documentari di allora presumibilmente non si ponevano, reputandola meno importante della loro drammatizzazione, come è evidente dalle mistificazioni nascoste in Nanook l'eschimese, nonostante la sua aura di perfetto realismo. La stregoneria attraverso i secoli sfrutta la struttura del documentario per dare sfogo ad una fantasmagoria affascinante e spettacolare che oltrepassa la semplice ricostruzione storica per avvicinarsi, piuttosto, al sottile confine tra illusione e verità su cui tante storie di paura trovano il loro fondamento, con tutta la libertà che poteva offrire un medium ancora fortemente sperimentale come il cinema negli anni venti.

Nessun commento:

Posta un commento